E’ un periodo di acceso dibattito su quando e come sia giusto far navigare i propri figli in Rete e soprattutto sul momento più opportuno per avere un proprio profilo sui social media. Il Garante per la Privacy ha chiesto a Tik Tok di bloccare l’accesso a tutti coloro “per i quali non vi sia assoluta certezza dell’età”. Per accedere al servizio occorre avere almeno 13 anni, come del resto anche per Instagram, Facebook e tutti gli altri social media, mentre per usare Whatsapp è richiesta l’età minima di 16 anni. A chi si collegava al celebre social cinese veniva chiesto di indicare nuovamente la data di nascita. A quel punto per i genitori si presentava una decisione non banale e non priva di ricadute educative: confermare un’eventuale falsità dichiarata inizialmente per lasciar iscrivere il proprio figlio o figlia, oppure dichiarare il vero e trarre spunto dalla situazione concreta per riprendere in mano seriamente la questione del rapporto con la tecnologia. Questa richiesta da parte di Tik Tok, cui dovrebbero presto adeguarsi anche Facebook e Instagram, e che è stata dettata dalla tragica morte della bimba di Palermo forse coinvolta in una challenge online, riporta in primo piano il ruolo fondamentale dei genitori, che spesso invece sono quasi rassegnati a non poter influire più di tanto sulla relazione, stretta, quasi viscerale, tra ragazzini e smartphone. Da dove cominciare per riscoprire questo ruolo ed esercitarlo con fermezza, ma anche con passione, trovandone i lati positivi e divertenti?
Il primo punto è verificare il proprio utilizzo dello smartphone. Quando e per quanto tempo lo usiamo? E’ sempre davvero necessario? Quante volte ci lasciamo prendere dallo scorrere le notifiche e non ascoltiamo un figlio o una figlia che ci sta chiedendo attenzione? Una ricerca di un paio d’anni fa aveva indagato quali fossero le frasi più frequenti dette da adulti intenti al cellulare a ragazzi che cercavano di entrare in contatto con loro. Un attimo» era la risposta data dal 38% dei grandi. Il 22% rispondeva con «Cosa?», il 15% non alzava la testa dallo schermo ma ssicurava «Ti sto ascoltando», il 12% prometteva «Ora arrivo». Chi non si è ritrovato almeno una volta in una situazione del genere?
Fatte salve le vere emergenze, c’è molto da fare per noi genitori su questo fronte. Lo stesso vale per gli altri limiti che imponiamo ai nostri figli. E’ chiaro che i primi a rispettarli dobbiamo essere noi. Se stabiliamo che lo smartphone la notte è da tenere fuori dalla camera da letto e non va usato a tavola, tocca a noi dare l’esempio. Anche se questo potrebbe complicarci un po’ la vita, imponendoci ad esempio di comprare una sveglia (sono ancora in vendita per quanto sembri incredibile) e non puntare quella del cellulare.
In una parola poniamoci noi l’obiettivo di un uso più consapevole dello strumento. E poi riprendiamoci fino in fondo la nostra responsabilità educativa. Anche quando si tratta del mondo digitale. Può valere la pena a questo proposito ricordare il dovere di vigilanza che hanno i genitori nei confronti dell’attività online dei propri figli minorenni, come sancito da alcune sentenze, (in particolare una dell’ottobre 2019 del Tribunale di Caltanissetta). Ai genitori è richiesto non soltanto di educare all’uso degli strumenti, ma anche di controllare che il minore non si faccia del male (mettendosi in situazioni di pericolo o imbattendosi in contenuti inadatti) e che non faccia male ad altri (con atti di cyberbullismo, ad esempio). Non si tratta di una semplice opzione, la vigilanza in questo campo è esplicitamente richiesta ai genitori.
Quindi, alla richiesta di Tik Tok, che cosa abbiamo risposto?
Originariamente pubblicato su puntofamiglia