Il panorama delle serie tv, e in particolare quello delle produzioni rivolte ai più giovani, offre di rado figure di adulti positive, che siano veri punti di riferimento o quantomeno modelli credibili con cui confrontarsi. Al contrario abbondano personaggi fragili, con ferite profonde, troppo preoccupati di risolvere i propri innumerevoli problemi per riuscire a rendersi conto di quelli degli altri, figli o studenti che siano. Sono una felice eccezione in questo scenario alcune serie tv a tema sportivo, dove il coach svolge in molti casi la funzione di un vero educatore, alternativo alla famiglia. E’ il caso di Ted Lasso, lo scombiccherato allenatore di football americano, alle prese con una squadra di calcio della Premier League inglese, protagonista dell’omonima serie di Apple Tv, di cui da poco è stata distribuita la seconda stagione, mentre è già confermata una terza. Pluripremiata agli Emmy, tra l’altro come migliore nel genere commedia, Ted Lasso è un prodotto originale, con un ritmo narrativo privo di sbavature e un tono generale di ottimismo e positività, evitando di scivolare nel melenso. La serie riesce nel non facile compito di mantenersi in equilibrio tra un susseguirsi di gag divertenti e qualche incursione più seria che tuttavia risulta perfettamente coerente con la narrazione generale.
Vocazione di educatore
Ciò che conquista di Ted Lasso è proprio la sua vocazione di educatore, prima ancora che di allenatore. Di calcio non sa praticamente nulla – ben presto si scopre che il vero motivo del suo ingaggio è il desiderio di vendetta di Rebecca, ex moglie del proprietario dell’AFC Richmond che desidera far fallire miseramente la squadra come dispetto al fedifrago ex coniuge – e dunque punta il suo lavoro su altro: il rapporto personale, la motivazione, le relazioni all’interno della squadra. Se dapprima viene liquidato come un incompetente, episodio dopo episodio Lasso si guadagna le simpatie dei personaggi più ostici, dai giornalisti snob ai bizzosi giocatori. Ma il processo non è certo casuale. A contatto con la sua apparente ingenuità, accompagnata da un solido e reale interesse per gli altri – è l’unico, in una delle prime scene, a chiedere il nome al garzone factotum della squadra, Nathan, allibito per l’assoluta stranezza della domanda – nessuno resta indifferente. E il cambiamento del clima generale metterà quasi in secondo piano le prestazioni -mediocri- della squadra. E’ chiaro, del resto, che la sua non è soltanto una strategia per tenersi buoni tutti. Ted non vive nel paese dei balocchi, non tutto nella sua vita è risolto e non mancano i guai – anche seri- con la moglie oltreoceano. Ma ha imparato una cosa e su quella non transige: quel che fa la differenza è quanto si crede in ciò che si fa. E, da buon educatore, riesce a condurre chiunque incontri fino a quel punto.
Ted e Jamie: due assi
Nel Richmond sono diversi i casi di giocatori dal carattere non facile che mettono alla prova la pazienza e la tenacia del nuovo coach, che proprio nulla fa per nascondere la sua provenienza dall’America profonda, esponendosi a diventare facile preda di scherzi e prese in giro anche per la sua scarsa conoscenza delle regole del calcio e l’ancor minore sintonia con l’aplomb inglese.
Jamie Tart è l’indiscussa star della squadra, un fuoriclasse, idolo dei tifosi, capriccioso, egocentrico e mal sopportato dai compagni. Con Ted Lasso i rapporti all’inizio sono pessimi, ma nel tempo la relazione tra i due si evolve attraversando varie fasi, tutte guidate con mano ben salda dal caparbio allenatore.
Nell’episodio 6 (“Due assi”), di fronte al rifiuto del giocatore di allenarsi adducendo un asserito infortunio, Ted gli fa capire l’importanza del lavoro di squadra, che è fondamentale in quei momenti più ancora di quando si sfidano gli avversari sul campo. Così perché faccia comunque qualcosa di utile per i compagni gli ordina un lavoro manuale di sistemazione del campo, che il campione tenta invano di scaricare su qualcun altro. E’ in quello stesso episodio che si scopre come in realtà molte delle intemperanze di Jamie dipendano dall’educazione che ha avuto: un padre sempre insoddisfatto di lui, che lo mortifica di continuo quando i suoi risultati sono meno che eccellenti.
E’ la speranza che ti uccide
Così nell’episodio 10 (“E’ la speranza che ti uccide”), conclusivo della prima stagione, con Jamie in campo come avversario, Ted non smette di tifare per lui. E sembra mettere il rapporto con il ragazzo al di sopra anche della cocente sconfitta subita dal Richmond. Quando vede che, nonostante l’azione di Jamie sia stata decisiva per la vittoria della squadra, suo padre lo sgrida selvaggiamente perché ha fatto un assist anziché segnare direttamente un gol, provvede a modo suo. Nel salire sul pullman il ragazzo si vede consegnare una busta dall’aiutante di Lasso: all’interno un soldatino e un biglietto: “Veramente un bell’assist”, firmato: Ted. Di cosa ha veramente bisogno un giovane talentuoso perché non si perda finendo per farsi odiare in tutti gli ambienti in cui si trova a giocare? Di rassicurazione e incoraggiamento, non necessariamente da suo padre. Da quel piccolo gesto, apparentemente insignificante, si dipanerà poi una nuova linea narrativa nella seconda stagione, con Jamie più consapevole dei suoi limiti e disposto a rimettersi in gioco.
Originariamente pubblicato su Il Cinematografo