Si può regolamentare l’uso dei social media? Chi si proponga di attenersi al limite di età di 13 anni – quello indicato dai servizi più utilizzati – sta davvero compromettendo la vita sociale di suo figlio o figlia?
Sono domande cui spesso ci si trova a dover rispondere incontrando i genitori, che quando si tratta di tecnologia sembrano disposti a mettere in secondo piano il proprio sano buon senso per lasciarsi convincere dalle pressioni dell’ambiente e favorire un accesso precoce, senza limiti a tablet e smartphone.
Molti genitori poi non sembrano per primi percepire loro per primi le possibili conseguenze di una esposizione eccessiva e precoce dei propri figli online.
La buona notizia è che ora una maggiore consapevolezza su questi fronti sembra arrivare da istituzioni e governi, oltre che dalle stesse piattaforme, interessate a garantire un ambiente sicuro per la navigazione online.
In Francia, una proposta di legge delle scorse settimane propone di stabilire a 15 anni l’età minima per l’accesso ai social media e di imporre alle piattaforme un obbligo di verifica dell’età effettiva di chi si collega (secondo gli ultimi sondaggi il 60% dei ragazzi francesi tra gli 11 e i 12 anni avrebbero un account social).
Il presidente Macron ha annunciato anche misure più severe per il controllo dell’età di chi accede ai siti pornografici.
In Italia l’idea è seguire l’esempio d’Oltralpe: di recente l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha dichiarato che sarebbe utile alzare anche nel nostro Paese l’età a 15 anni e introdurre un sistema di verifica dell’età basato sul modello della Spid, per preservare la privacy degli utenti.
In altri Paesi, come la Gran Bretagna, si sta andando in una direzione simile.
Accanto a queste misure, la Francia ne ha annunciate altre sul fronte dello “sharenting”, ovvero la pessima usanza di molti genitori di condividere online le foto dei propri figli minori, apparentemente senza porsi alcuna domanda sulle conseguenze di questo comportamento. Di “sharenting” (che deriva da “share” condividere e “parenting”, genitorialità) avevamo già parlato, descrivendone le possibili derive. Ora, il fatto che i governi comincino a muoversi su questo fronte dovrebbe stimolare anche in noi genitori una nuova consapevolezza.
Con i social media non si scherza. Se potevamo avere ancora qualche dubbio sull’importanza della gradualità nell’accesso, ormai è molto chiaro che questa sia la strada giusta, come confermano numerose ricerche e le iniziative appena citate dei governi. E che ci sia molto da imparare anche per noi genitori è altrettanto chiaro. Innanzitutto: imparare a pensare (molto) prima di condividere. Soprattutto se si tratta delle foto dei propri figli.
Originariamente pubblicato su puntofamiglia.net