Città che sentono

4 Lug 2012 -

Città che sentono
Smart city and internet of things, wireless communication network, abstract image visual

Città che sentono, città che vengono ascoltate. Le smart cites sono ormai un argomento più che in voga e, come spesso accade, proprio per questo, la loro identità è ancora tutt’altro che definita. L’argomento può essere affrontato da innumerevoli punti di vista. Quello più comune, e riguardo al quale esistono progetti finanziati dalla Commissione Europea, pone l’accento sui risparmi energetici e sulla maggior efficienza della vita in città. L’iniziativa europea Smart Cities , all’interno del Programma SETIS, si propone un significativo risparmio in tre aree: edifici, reti energetiche e trasporti. Aziende come IBM o Cisco Systems hanno già attivato specifiche divisioni e progetti pilota in questi campi. All’interno di questo scenario, certamente auspicabile, s’individuano posizioni diverse che enfatizzano altri aspetti delle trasformazioni degli scenari urbani.

Alcune prospettive interessanti a questo proposito sono emerse alla Triennale di Milano durante il convegno Media City. New spaces, new aesthetics curato da Francesco Casetti , docente a Yale. I tre giorni di studio si proponevano d’indagare l’impatto dell’uso dei media sul cambiamento della fisionomia delle città. “I media non sono più solo strumenti per trasmettere le informazioni all’interno e all’esterno dello spazio urbano”, ha spiegato Casetti. “Potendo fornire un costante monitoraggio ambientale, guidano i movimenti e le scelte dei cittadini; mantenendoli sempre connessi, sono diventati una nuova forma di organizzazione sociale e promuovendo un più forte senso di partecipazione, mettono in atto nuove forme di cittadinanza”. L’aspetto più evidente di questa evoluzione è naturalmente l’uso pervasivo degli schermi per comunicare con i cittadini, ma le alterazioni più profonde e durevoli sono forse quelle meno visibili e rese possibili dalla convergenza di media e funzioni in dispositivi piccoli e portatili. Se è vero, come ha sostenuto Giuliano Noci del Politecnico, che già nel 2013 ci saranno più smartphones che personal computer, la città – ha spiegato il docente – “diventerà un ‘grande medium’, che fornirà diverse opportunità di contenuti e servizi, non più legate alle fisicità dei luoghi, ma piuttosto ai ‘contesti di vita’, che dipendono dalla situazione concreta di ogni individuo in un dato momento della giornata”.

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Alcune prospettive interessanti a questo proposito sono emerse alla Triennale di Milano durante il convegno Media City. New spaces, new aesthetics curato da Francesco Casetti , docente a Yale. I tre giorni di studio si proponevano d’indagare l’impatto dell’uso dei media sul cambiamento della fisionomia delle città. “I media non sono più solo strumenti per trasmettere le informazioni all’interno e all’esterno dello spazio urbano”, ha spiegato Casetti. “Potendo fornire un costante monitoraggio ambientale, guidano i movimenti e le scelte dei cittadini; mantenendoli sempre connessi, sono diventati una nuova forma di organizzazione sociale e promuovendo un più forte senso di partecipazione, mettono in atto nuove forme di cittadinanza”. L’aspetto più evidente di questa evoluzione è naturalmente l’uso pervasivo degli schermi per comunicare con i cittadini, ma le alterazioni più profonde e durevoli sono forse quelle meno visibili e rese possibili dalla convergenza di media e funzioni in dispositivi piccoli e portatili. Se è vero, come ha sostenuto Giuliano Noci del Politecnico, che già nel 2013 ci saranno più smartphones che personal computer, la città – ha spiegato il docente – “diventerà un ‘grande medium’, che fornirà diverse opportunità di contenuti e servizi, non più legate alle fisicità dei luoghi, ma piuttosto ai ‘contesti di vita’, che dipendono dalla situazione concreta di ogni individuo in un dato momento della giornata”.

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