Lo smartphone dei propri figli: uno strumento da controllare? È la domanda che molti genitori si pongono, visto che oggi sono chiare le insidie di un uso scorretto del telefono cellulare da parte dei ragazzi. Non è facile dare una risposta univoca. L’obiettivo finale dell’educazione è quello di promuovere un atteggiamento di fiducia, non certo favorito da un controllo poliziesco dell’attività online da parte di un genitore. È frequente quindi che la risposta alla domanda iniziale sia negativa: un controllo dello strumento eliminerebbe alla radice ogni possibile forma di dialogo e sarebbe in sostanza un modo per il genitore di illudersi di risolvere un problema dai risvolti ben più complessi. In realtà però, per rispondere correttamente a quell’interrogativo dobbiamo fare alcune considerazioni in più. Le cose cambiano molto, ad esempio, a seconda dell’età di nostro figlio. È chiaro che se decidiamo di regalare uno smartphone già alle scuole elementari o all’inizio delle medie (cosa che sarebbe da evitare come si spiega qui), l’utilizzo di un software di questo tipo è altamente consigliabile.
Diverso il discorso invece se parliamo di un ragazzo o ragazza in età liceale, in una fase delicata in cui occorre valutare caso per caso, e comunque dare la priorità al dialogo. Più in generale, per arrivare a prendere la giusta decisione forse sarebbe meglio parlare di protezione più che di controllo. Non si tratta tanto di spiare il comportamento dei propri figli, quanto piuttosto di individuare possibili situazioni a rischio in cui potrebbero trovarsi e intervenire. I rischi possono essere di vario tipo, dall’imbattersi in contenuti inadatti per la propria età, al rimanere coinvolti in relazioni complicate, che Whatsapp o Instagram rendono ancora più complesse e pesanti dal punto di vista emotivo, fino a ritrovarsi coinvolti in episodi di vero e proprio cyberbullismo. La posta in gioco, come si vede, è piuttosto alta, e il nostro compito di genitori è di primaria importanza. Tocca a noi proteggere i nostri figli che muovono i primi incerti passi nell’adolescenza, un’età già di per sé delicata, dove ogni situazione viene vissuta con un’intensità emotiva fortissima. Non lasciamo che l’uso scorretto dei social media renda ancora più difficile questo percorso.
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Quindi che fare? Gli strumenti a disposizione sono molti. Nella maggior parte dei casi è richiesto un certo impegno da parte dei genitori per comprendere il funzionamento, non sempre immediato, di questi software filtro (il termine inglese utilizzato per definirli è “parental control”, che si può tradurre come “controllo genitoriale”). Un servizio gratuito di questo tipo è Family Link di Google, che da qualche tempo ha lanciato il programma “digital wellbeing” (“benessere digitale”), con l’obiettivo di favorire un uso più consapevole della tecnologia da soli e in famiglia. Con Family link è possibile ad esempio impostare un tempo massimo di utilizzo degli strumenti, in modo che al raggiungimento del tetto stabilito il dispositivo si disattivi, sollevando così il genitore dall’ingrato compito di imporne lo spegnimento innescando complesse ed estenuanti trattative. Il sistema consente anche di localizzare il telefono e ricevere notifiche quando il proprio figlio vuole scaricare una nuova app in modo da autorizzare o meno l’operazione. Anche Microsoft , ma soltanto per gli utenti di Windows 10, fornisce alcune funzionalità di controllo sulla navigazione e dei propri figli.
Se poi si decide di fare un piccolo investimento (il costo di questi servizi in genere si aggira intorno ai 50 euro all’anno), esiste un intero mercato di software filtro che consentono di monitorare l’attività online dei propri figli. Tra i più utilizzati ci sono sono Qstodio, Familytime e Norton Family. I software di questo tipo in genere, oltre a consentire di localizzare il telefono e di fissare i tempi massimi di utilizzo, offrono più ampie possibilità di controllo sulle app e sui contenuti visualizzati.
Tutti questi servizi, come anche Family Link, richiedono la creazione di un profilo del genitore e di un profilo del dispositivo che sarà monitorato: quindi per impostare un sistema del genere è necessario coinvolgere il proprio figlio, spiegandogli molto chiaramente i motivi per cui si è presa la decisione di utilizzare un simile software. Ricordando sempre che, come scriveva padre Jonah Lynch in “Il profumo dei limoni” (Lindau) un libro di qualche anno fa ma ancora straordinariamente attuale, “Sono i genitori a essere responsabili dell’educazione e, mentre possono essere coadiuvati dai filtri, non devono illudersi che questi possano sostituire la loro presenza amorevole e autorevole”.
Originariamente pubblicato su Punto famiglia