Mark Zuckerberg ritratto con il volto tumefatto sulla copertina della rivista americana ‘Wired’, titoli di giornale dedicati all’incipiente declino di Facebook, destabilizzata dalle difficoltà evidenti nel fronteggiare il dilagare delle notizie false e del linguaggio d’odio. La crisi del social media più usato al mondo, che ha ampiamente sorpassato la soglia dei due miliardi di utenti, pare ormai conclamata, e per certi versi irreversibile, a meno di accettare un radicale cambiamento della sua natura e del modello di business su cui si basa.
Nata come piattaforma tecnologica per ‘Rendere il mondo più aperto e connesso’, come recitava la mission della società, ritoccata poi nel giugno 2017 in ‘Dare alla gente il potere di costruire comunità e unire il pianeta’, ha acquisito un ruolo determinante nel formare le opinioni, le scelte e in generale la cultura di milioni di persone ovunque nel mondo. Senza però aver mai accettato di assumersene in qualche modo la responsabilità e chiamando spesso in soccorso la natura prevalentemente tecnologica, quindi non ‘umana’, del proprio servizio.