A volte per vedere bene occorre allontanarsi. La distanza aiuta a mettere a fuoco e a capire meglio quanto sta accadendo. Nel proliferare di notizie false, “post-verità”, estremismi, condanne o acritiche esaltazioni del ruolo del web e dei social media, c’è una voce che certamente vale la pena ascoltare. Hossein Derakhshan, considerato il “padre” dei blogger iraniani, è stato in carcere sei anni – dal 2008 al 2014 – per la sua attività di contestazione del regime.
Dopo quel periodo di distacco forzato da Internet, liberato inaspettatamente (la sentenza parlava di 19 anni di reclusione, poi ridotti a 17), ha ripreso a utilizzare la Rete, che ormai però era qualcosa di radicalmente diverso rispetto al momento in cui l’aveva abbandonata. Basti pensare, ad esempio, che nel 2008 gli utenti di Facebook in tutto il mondo erano “soltanto” 145 milioni, contro il miliardo e 230 milioni del 2013 (numero che nel 2016 è salito a un miliardo 860 milioni). Dal suo osservatorio di esule – sia pure involontario – che ritorna nella sua terra per trovarla totalmente trasformata, Derakhshan, vede quello che forse a molti di noi sfugge: il web come potrebbe essere, le enormi potenzialità del mezzo, e allo stesso tempo tutti i modi in cui tali potenzialità non vengono sfruttate. «Il web una volta era basato sul testo, decentralizzato, diversificato, stimolava molto l’intelligenza, incoraggiava all’attività e alla partecipazione ed era aperto a risorse esterne grazie all’uso dei link – spiega Hossein Derakhshan -. Oggi sui principali social network i link sono sempre più rari, vengono favoriti i contenuti prodotti direttamente all’interno del servizio. È sempre più difficile “uscirne”. Su Instagram non è nemmeno possibile inserire link. Ma questo tradisce le intenzioni iniziali con cui il fondatore del web, Tim Berners Lee, aveva concepito questo strumento perché fosse un luogo aperto e interconnesso. Oggi i social media lo hanno reso qualcosa di totalmente opposto, una replica della televisione, che è ormai il linguaggio dominante su Facebook e su Youtube. I social media sono centralizzati, passivi, governati dall’emozione, centrati sull’immagine e orientati al divertimento. Proprio come la tv».
A volte per vedere bene occorre allontanarsi. La distanza aiuta a mettere a fuoco e a capire meglio quanto sta accadendo. Nel proliferare di notizie false, “post-verità”, estremismi, condanne o acritiche esaltazioni del ruolo del web e dei social media, c’è una voce che certamente vale la pena ascoltare. Hossein Derakhshan, considerato il “padre” dei blogger iraniani, è stato in carcere sei anni – dal 2008 al 2014 – per la sua attività di contestazione del regime.
Dopo quel periodo di distacco forzato da Internet, liberato inaspettatamente (la sentenza parlava di 19 anni di reclusione, poi ridotti a 17), ha ripreso a utilizzare la Rete, che ormai però era qualcosa di radicalmente diverso rispetto al momento in cui l’aveva abbandonata. Basti pensare, ad esempio, che nel 2008 gli utenti di Facebook in tutto il mondo erano “soltanto” 145 milioni, contro il miliardo e 230 milioni del 2013 (numero che nel 2016 è salito a un miliardo 860 milioni). Dal suo osservatorio di esule – sia pure involontario – che ritorna nella sua terra per trovarla totalmente trasformata, Derakhshan, vede quello che forse a molti di noi sfugge: il web come potrebbe essere, le enormi potenzialità del mezzo, e allo stesso tempo tutti i modi in cui tali potenzialità non vengono sfruttate. «Il web una volta era basato sul testo, decentralizzato, diversificato, stimolava molto l’intelligenza, incoraggiava all’attività e alla partecipazione ed era aperto a risorse esterne grazie all’uso dei link – spiega Hossein Derakhshan -. Oggi sui principali social network i link sono sempre più rari, vengono favoriti i contenuti prodotti direttamente all’interno del servizio. È sempre più difficile “uscirne”. Su Instagram non è nemmeno possibile inserire link. Ma questo tradisce le intenzioni iniziali con cui il fondatore del web, Tim Berners Lee, aveva concepito questo strumento perché fosse un luogo aperto e interconnesso. Oggi i social media lo hanno reso qualcosa di totalmente opposto, una replica della televisione, che è ormai il linguaggio dominante su Facebook e su Youtube. I social media sono centralizzati, passivi, governati dall’emozione, centrati sull’immagine e orientati al divertimento. Proprio come la tv».