Una versione di Instagram per i minori di 13 anni. Le prime indiscrezioni sul progetto erano del marzo scorso, confermate poi dalla stessa Facebook, proprietaria di Instagram, che aveva ammesso di stare lavorando a una versione per bambini del social media delle foto, anche se il progetto era ancora in una fase molto iniziale. Il 27 settembre scorso, Facebook ha fatto sapere di aver bloccato il progetto Instagram for Kids, in seguito alle polemiche suscitate dalla pubblicazione sul Wall Street Journal di una serie di rapporti interni all’azienda, dai quali risulterebbe come i dirigenti fossero perfettamente al corrente dei potenziali effetti dannosi dell’uso del servizio sui più giovani, in particolare riguardo alla propria immagine corporea (per una ragazza su 3 peggiora usando l’app) e sull’aumento dell’ansia che può portare a pensieri suicidi (13% degli utenti britannici tra i 13 e i 21 anni e il 6% degli americani).
Ma vediamo di ricostruire la vicenda con ordine. L’idea da cui nasce Instagram for kids è proporre ai genitori un servizio che sia privo di pubblicità (mentre oggi in media un post su tre è un annuncio pubblicitario) e controllabile dai genitori, sia dal punto di vista dei contenuti che dei contatti . Del resto, dicono da Facebook, l’81 per cento dei bambini americani tra gli 8 e i 12 anni è presente sui social media (secondo una ricerca dell’organizzazione americana di tutela dell’infanzia, PTA) . un dato del 2017, quindi certamente da correggere al rialzo. Meglio allora dare ai genitori gli strumenti per accompagnare l’esperienza online dei propri figli, piuttosto che accettare che continuino a mentire sull’età per utilizzare i social media. Negli Stati Uniti per aver accesso alle piattaforme social occorre avere compiuto 13 anni (limite stabilito dalla legislazione sulla privacy dei minori, il COPPA, Children Online Privacy Protection Act). In Italia il minimo sono i 14 anni, secondo quanto indicato dal GDPR, la regolamentazione europea sulla privacy. Quindi i bambini di età inferiore che oggi frequentano i social hanno dichiarato il falso al momento dell’iscrizione.
L’idea di un’Instagram under 13 potrebbe a prima vista sembrare una brillante soluzione a un annoso problema, quello dell’accesso precoce a un mondo pensato da adulti e rivolto agli adulti, qual è quello dei social media. Peccato però che le cose non stiano esattamente così. E se ne sono accorti in parecchi negli Stati Uniti. Le prime sono state un gruppo di associazioni di genitori ed educatori, capeggiate dalla Campaign for a commercial free Childhood che nell’aprile scorso hanno scritto una lettera a Mark Zuckerberg, capo di Facebook, per convincerlo a bloccare il progetto.
Se davvero ci tiene ai bambini, sostengono i critici, Instagram dovrebbe controllare meglio che nessun minore di 13 anni abbia accesso alla piattaforma – cosa che in effetti il social ha annunciato di voler mettere in atto, aumentando il ricorso a sistemi d’intelligenza artificiale per la verifica dell’età. Instagram ha anche inserito nuove funzionalità a protezione della privacy dei più giovani, per esempio riducendo le possibilità per i minori di essere contattati con messaggi diretti da utenti adulti e impostando i loro profili come privati, meno esposti a essere seguiti da utenti non conosciuti. Tutto questo non basta però a rendere il social un luogo sicuro e positivo per i bambini.
Ne sono convinti anche i procuratori generali di 44 Stati americani che nel maggio scorso hanno a loro volta scritto una lettera a Facebook contro l’idea di un’Instagram per bambini.
Sono molti gli aspetti critici evidenziati nei due documenti, che insistono sull’impatto negativo della piattaforma social sulla salute fisica e psicologica dei ragazzi. L’attenzione estrema per come ci si presenta online e il desiderio di migliorare la propria immagine a ogni costo, in modo da ottenere più like e più “popolarità” porta a paragonarsi di continuo con gli altri, arrivando così non di rado a provare sentimenti di rabbia e inadeguatezza, proprio in una fase – quella della preadolescenza – in cui si è alle prese con la costruzione della propria identità e autostima. Secondo uno studio inglese, della Royal Society of Public Health, Instagram sarebbe il social media più critico da questo punto di vista, quello che avrebbe un impatto peggiore in termini di salute psicologica con un aumento di casi di ansia, depressione, senso di solitudine, disturbi del sonno, bullismo e paura di essere tagliati fuori (la cosiddetta FOMO, in inglese Fear of Missing Out). Certamente un uso consapevole e guidato dai genitori può ridurre gli aspetti negativi, ma occorre avere sempre ben presenti le caratteristiche del mezzo, che ci condizionano, più di quel che pensiamo. E’ inutile spiegare che ciò che si vede su Instagram è spesso falso e non rispecchia la vita reale delle persone, perché, come spiega la psicologa Bethany Cook, citata dalle associazioni contrarie all’iniziativa di Facebook, “la parte del cervello in grado di capire pienamente questo concetto si sviluppa soltanto tra i 21 e i 25 anni di età”.
Un accesso precoce al social media sarebbe quindi da evitare a ogni costo, proprio perché più l’età è bassa, minori sono le risorse su cui si può contare per fare un uso davvero positivo dei servizi. Una versione per bambini del social delle foto non sarebbe stata altro che un modo per acquisire nuovi utenti – sempre più giovani – e veicolarli gradualmente verso il “vero” Instagram. E’ difficile infatti pensare che chi pur non avendone l’età ha già accesso alla piattaforma, possa fare marcia indietro per entrare nella versione riservata ai minori di 13 anni. Qualcosa di simile è avvenuto con YouTube Kids, il servizio video riservato ai più piccoli, che viene usato prevalentemente da bambini in età prescolare. Nessun ragazzino che voglia andare sui social anzitempo si accontenterebbe di quella versione edulcorata: il desiderio, ormai anche a 10 o 11 anni, è accedere al “vero” YouTube.
Dunque le iniziative di questo tipo, come ben sintetizzano i procuratori generali nella loro lettera, non sono la risposta a un reale bisogno, semmai ne creano di nuovi. Proporre già a 8 anni a un bambino di utilizzare uno strumento tecnologico per socializzare significa farlo familiarizzare precocemente con le logiche di un servizio in realtà pensato e progettato per un pubblico adulto e assicurarsi un futuro nuovo utente. L’idea di un Instagram under 13 sembrava quindi dettata da logiche commerciali, lontane da una reale attenzione al benessere e alla crescita sana dei minori. Se ammettiamo, con realismo, che l’uso dei social media è difficile da gestire anche per noi adulti, diventa evidente la necessità di un accesso realmente graduale a tali servizi per i minori. Con lo stesso realismo dovremmo riconoscere che un bambino non ha un’effettiva necessità di usare Instagram. Piuttosto ha bisogno di genitori che lo accompagnino a scoprire un passo alla volta le opportunità del mondo digitale, e che si preoccupino del giusto bilanciamento fra reale e virtuale, favorendo le occasioni di incontro e di gioco nello spazio fisico, materiale, senza chiudere del tutto le porte a quel mondo online che acquisirà un ruolo sempre più rilevante con la crescita. E in questo delicato, spesso difficile, equilibrio, Instagram under 13 non sarebbe stata certamente di nessun aiuto.
Stefania Garassini
Pubblicato su Il Telespettatore