«Come un cuoco è responsabile di ciò che mangiano i suoi clienti, così un autore lo è delle storie che “mette in tavola” per i suoi spettatori». È la sintesi di Francesco Arlanch, sceneggiatore e autore di alcune tra le serie di maggior successo degli ultimi anni: le più recenti sono Blanca e Doc – nelle tue mani, entrambe prodotte da Lux e andate in onda su Rai 1, disponibili su RaiPlay e Netflix. « Le storie non lasciano mai il tempo che trovano – continua Arlanch –. Se dopo due ore di film o dodici episodi di una serie non fossimo diversi da quando abbiamo cominciato, non cominceremmo neppure». È evidente quindi, al di là del dibattito teorico, che chi scrive sia in qualche modo responsabile anche di come il proprio racconto viene recepito dagli spettatori.
Come incide nel suo lavoro, la consapevolezza di avere una responsabilità verso il pubblico?
È molto importante il lavoro di squadra. Io come autore sono il primo motore della storia. Ho una responsabilità riguardo a ciò che scrivo e a come imposto il racconto, in base alla mia esperienza e all’idea che ho dello spettatore. Ma il lavoro finale sarà figlio anche della squadra con cui lavoro. Per questo per uno sceneggiatore è molto importante decidere in che squadra vuole giocare, proprio perché sa che il prodotto finale sarà il risultato dell’impegno di un intero gruppo, quindi sarà chiamato a rispondere di un lavoro che non è soltanto suo. Io spero che la mia firma vada su prodotti che si pongono il problema del loro effetto sullo spettatore, allora so che non posso fermarmi alla sceneggiatura, ma devo anche preoccuparmi di chi metterà poi concretamente in scena la storia.
Tratto da “Lo Schermo dei desideri. Come le serie tv cambiano la nostra vita” di Stefania Garassini (edizioni Ares, pp. 184, 15 euro)
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