Perché Adam Mosseri non pubblica su Instagram nessuna foto in cui si veda il volto dei suoi tre bambini? La domanda potrebbe sembrare priva d’interesse, se non fosse che Adam Mosseri è il capo di Instagram, dal 2018, e sul social media delle immagini condivide molto della sua vita: i suoi 646mila follower ne hanno visto la moglie, la cena che preparerà nel week end, e parecchio altro. Mai però i suoi figli in faccia – se non in qualche rarissimo scatto da neonati. Eppure Mosseri parla molto anche di loro: un video recente ci fa sentire le prime lallazioni del più piccolo senza mai però mostrarcelo in modo che sia possibile riconoscerlo. Un’acrobazia social degna del patron di Instagram. E certo ben motivata. Chi conosce meglio di ogni altro il social media più utilizzato dai ragazzi si guarda bene dall’esporvi i minori anzitempo. Pensiamoci quando ci lasciamo prendere dal desiderio, del tutto comprensibile, di condividere le foto o i video dei nostri figli online.
È una pratica ormai molto diffusa, per la quale è stato anche coniato un termine specifico: “sharenting”, che deriva da “parenting” (in inglese “fare i genitori”) e “share” (“condividere”). Uno studio sui bambini americani stima che il 90% di loro abbia una qualche forma di presenza online già prima dei due anni di vita. Presenza gestita dai genitori, ovviamente, ma che resterà per sempre online cominciando a costruire l’immagine digitale di quei piccoli. Un trend così vistoso e dilagante da indurre qualche decisione delle istituzioni pubbliche. Ci sono Paesi, come la Francia, nei quali è già possibile per un bambino chiedere di rimuovere contenuti che lo riguardano. Non sono mancate sentenze in tal senso, che hanno imposto ai genitori la cancellazione di immagini da loro condivise senza avere il consenso dei figli.
Basta aprire TikTok per rendersi conto delle dimensioni del fenomeno. Sul popolarissimo social di proprietà cinese non si contano ormai i video delle prodezze di bambini ripresi da mamma e papà, che fanno diventare i pargoli protagonisti loro malgrado di gag ritenute divertenti, con l’obiettivo di aumentare follower e like sul profilo dei genitori. Instagram non è da meno. Già qualche anno fa il “New York Times” aveva ribattezzato “Instamom” le mamme impegnate a trasformare le proprie figlie minorenni in top model su Instagram. Può darsi che questi eccessi e le loro eventuali conseguenze legali sembrino molto lontani dalla nostra esperienza quotidiana. In fondo – si potrebbe pensare – che male ci potrà mai essere a condividere la foto del compleanno del nostro piccolo su Facebook in modo che i nonni e tutti i nostri amici la vedano? Ma intanto in quel modo stiamo annunciando al mondo la data di nascita di nostro figlio, primo dato dal quale è possibile poi risalire a molti altri. E anche se crediamo di condividerlo con pochi intimi, in realtà quella foto con le relative informazioni annesse finiscono online, su una pubblica piazza globale, e purtroppo potrebbero anche essere utilizzate in modi persino opposti alle nostre intenzioni.
Che fare? Il consiglio è sempre riflettere prima di condividere. E soprattutto fermarsi quando ci si rende conto che in realtà stiamo rischiando di usare i nostri figli per mettere in mostra qualcosa di noi stessi e guadagnare consensi online. Potrebbe capitare di accorgerci, una volta grandi, che per loro il valore più importante è diventata la popolarità. Ma ad averglielo insegnato, magari fin da quando erano in fasce, probabilmente saremo stati proprio noi.
Pubblicato su www.puntofamiglia.net