Da qualche giorno chi utilizza Google ha a disposizione un servizio aggiuntivo che propone un’inedita integrazione fra il motore di ricerca e la rete sociale Google+, lanciata la scorsa estate e mai veramente decollata fra gli utenti di Internet. L’azienda di Mountain View ha deciso di includere, fra i risultati della ricerca, anche le segnalazioni provenienti dalla cerchia di conoscenti e amici degli utenti di Google+: 90 milioni secondo gli ultimi dati forniti dalla società, contro gli 800 di Facebook, peraltro cresciuti del 37% solo nello scorso anno. L’annuncio ha scatenato feroci polemiche in rete. Il commento più caustico è arrivato da Twitter, che ha parlato di “bad day” per tutta Internet, alludendo al fatto che, nelle ricerche, i tweet sarebbero diventati di più difficile accesso privando così gli utenti di informazioni preziose e aggiornate.
Dietro l’ostilità di Twitter c’è la fine dell’accordo con Google per offrire risultati di ricerca “in tempo reale”, che includeva anche aggiornamenti degli status su Facebook, accordo scaduto nel luglio scorso e non rinnovato. Le voci critiche hanno sottolineato gli inconvenienti che una mossa di questo tipo potrebbe arrecare alla leggendaria imparzialità dei risultati di Google, governati dalla fredda logica dell’algoritmo Pagerank, implacabile calcolatore di link in ingresso verso un sito e verso tutti i siti che conducono a quello, in un crescendo di complessità matematica da perderci la testa. Il vanto di Google, e la sua difesa contro ogni possibile contestazione riguardo alla sua ambitissima ‘graduatoria’ di risultati, era sempre stata l’assenza di ogni intervento umano in tutta la procedura. Pura matematica, nessuna emozione, nessun condizionamento, non siamo mica Yahoo!, noi.