Dopo un anno passato in gran parte davanti a schermi di ogni tipo, potrebbe essere il momento per leggere o (ri)leggere un paio di libri (cartacei) che possono aiutarci a capire meglio il cambiamento che l’uso della tecnologia sta provocando in noi e nei nostri figli, e a mettere in gioco i giusti strumenti per governarlo. Non si tratta di volumi appena usciti. Entrambi hanno già qualche anno, ma letti oggi non perdono nulla, anzi aiutano ad avere uno sguardo più ampio, meno schiacciato sull’attualità e sull’evoluzione vorticosa degli strumenti, che rischia a volte di alterare la giusta prospettiva.
Cominciamo con “Il profumo dei limoni” di Jonah Lynch (Lindau), sacerdote, che già nel 2011 proponeva una riflessione decisamente controcorrente riguardo all’impatto della tecnologia sul nostro modo di vivere e di rapportarci agli altri. Sono quattro le idee principali del volume. La prima è la necessità di un dialogo fra generazioni: uno scambio tra chi ha conosciuto il mondo quando la tecnologia non era così pervasiva e i ragazzi di oggi. Ci vuole “la lucidità di un giudizio non ancora immerso completamente nel mondo che pretende di criticare. I “nativi digitali” non potranno essere maestri di se stessi. “Tocca invece a noi, i loro padri e fratelli maggiori, riflettere sul significato delle invenzioni che abbiamo portato alla luce”. È un compito appassionante per genitori ed educatori, che non richiede conoscenze tecniche, ma semplicemente invita a mettere in gioco la propria conoscenza del mondo e della vita e a non rinunciare a esercitare un compito educativo.
La seconda è la constatazione che la tecnologia non è neutrale: promuove certi comportamenti e ne rende difficili altri. Ci apre orizzonti sconfinati di conoscenza e di relazioni, ma allo stesso tempo ci rende più impazienti, impulsivi. E soprattutto – come suggerisce l’immagine del titolo – non può farci sentire il “profumo dei limoni”: tatto, olfatto e gusto sono i tre sensi che la tecnologia non può trasmettere. Padre Lynch paragona gli strumenti tecnici sempre più avanzati all’anello di Tolkien, un potere che a volte potrebbe essere troppo forte per noi da controllare. Pensiamoci, prima di mettere in mano a un bambino uno smartphone di ultima generazione. Anche perché – ed è il terzo punto citato dall’autore – nessuno di noi è onnipotente, tutti abbiamo limiti e fragilità, che sono proprie della natura umana. Anche se spesso nel rapporto con la tecnologia tendiamo a dimenticarcelo. Siamo convinti ad esempio di essere immuni alle distrazioni e alla dipendenza, di poter sempre decidere quando smettere di guardare il nostro smartphone. E lo stesso pensiamo dei nostri figli: spesso sopravvalutiamo le loro capacità di controllo e di autodisciplina. “Se fossi onnipotente, potrei fare qualunque esperienza e uscirne arricchito. Siccome invece sono fragile e la mia vita è breve, devo tenerne conto”, ci ricorda con semplicità padre Lynch. Che conclude – ed è il quarto e ultimo consiglio -riscoprendo l’efficacia di alcune regole, da condividere in una famiglia o in una comunità. “L’idea di una regola è qualcosa che ha a che fare con il custodire ciò che noi pensiamo sia essenziale. La regola dice: custodiamo almeno questo”. Ne parleremo, con un libro che tratta molto bene questo argomento, il mese prossimo.
Pubblicato originariamente su puntofamiglia.net